domenica 8 maggio 2016

La futura madre

       Al parco.
      - Lei è enorme, dovrebbe starsene a casa!
      -  Come, scusi?
      - Cerchi di non espellere il coso qui davanti a me.
      - Sta parlando di mio figlio, per caso?
      - Si si. Il coso che è nella sua pancia e che è lì pronto a gettarsi fuori da un momento all'altro
e venire qua a prendersi l’acne, votare il partito sbagliato e a non tirare lo sciacquone del cesso.
 Non è uno molto cordiale lei, eh?
- E che c’è da essere cordiali, Signora? Quando le giovani donne si sformano per mettere al mondo tizi che si legheranno ad altri tizi e pretenderanno e chiederanno e soffriranno, stringendosi sempre più in una trappola di legami che gli arriverà al collo fino a strozzarli tutti.
- Lei deve essere una persona molto sola.
- Mai abbastanza, Signora. Mai abbastanza.
- Vuole che me ne vada? (ansando)
- No, dal momento che si è arenata qui, non vedo proprio come potrebbe spostarsi. Vado io. (si alza) Resti, donna incosciente, tanto ormai il guaio è fatto.
- Si riferisce al fatto che mi sono seduta qui?
- Mi riferisco al fatto che si è fatta mettere incinta. Ma che le è passato per la testa? Non le è bastato essere stata messa al mondo senza che nessuno le chiedesse niente? Perché farlo ad un altro essere umano?
- Non è stato poi così male fin’ora.
 Ma allora perché si spreca così? Mettendo mezzo suo patrimonio genetico in quel coso? Non le bastano le sue cellule e tutti i problemi che le hanno creato in trent’anni di vita? Deve proprio tirare su una dependance?
- Lei mi fa ridere.
- Ma ci ha pensato bene, femmina incosciente? Lasci perdere quell’animale di suo marito, certi uomini hanno in testa la riproduzione da quando sono nati, sono le amnesie della natura, le falle dell’evoluzione. Ma lei? Sacrificherà la sua vita al benessere di un’altra che non c’era prima di lei e senza di lei non sarebbe mai stata. Ma perché? Sta creando a quel povero coso un debito esistenziale e un sentimento di determinazione, mancato controllo, mancato arbitrio che non estinguerà mai. E quell’esserino rosso e inerme che diventerà grande e ingrato, necessariamente ingrato, perché non si può essere in debito di una cosa così enorme, poi crescerà e, per estinguerlo, creerà altri esseri fragili e sporchi e in nulla autosufficienti che vomitano liquido verde amniotico. Dio che congiura enorme e universale è quella delle madri con la natura!
 Sa, non posso parlare a nome di tutte le madri né della natura, ma posso dirle perché ho deciso di fare un figlio. L’ho fatto per amore. No, non sbuffi, non è retorico. Non sto facendo il solito discorso melenso del donare amore al prossimo. Io l’ho fatto perché ha senso vivere la vita unicamente per amare e io voglio nella mia esistenza tutte le forme d’amore. Voglio essere amata come una madre, voglio amare come ama una madre. E’ qualcosa che non mi voglio negare anche se ne ho paura. Sì, ne ho paura. Sono meno incosciente di quanto crede. Ma sono pronta ad accettare anche che mio figlio mi odi. Sono pronta ad accettare che soffra, che muoia, che sia un pessimo essere umano o un uomo migliore di me, che provi paura, che faccia grandi cose o non faccia niente, che se ne vada lontano. Ci vuole coraggio nella vita. Sua madre l’ha avuto. Lei l’ha mai accettato?