Io Leonard Cohen l’ho scoperto
attraverso Fabrizio De Andrè. De Andrè aveva tradotto tre sue canzoni, Nancy, Suzanne
e Joan of Arc, in maniera bella rispettosa grata, da ogni verso filtrava la
stima che aveva di lui e l’amore per quello che stava maneggiando.
Sono andata
a scoprire chi avesse incantato tanto l’uomo che da sempre mi incantava con le
sue di canzoni. Ed è successo qualcosa. Non so spiegare perché le canzoni di
Leonard Cohen mi siano entrate da subito dentro, annidandosi nella mia testa,
come tappezzandone le pareti. Avevano un ritmo che si conformava perfettamente
e naturalmente al mio. Avrò avuto diciannove anni allora. Quelle canzoni mi
affascinavano e mi dicevano: abbiamo qualcosa di tuo, scopri cos’è.
Le ho
ascoltate per nove anni, continuamente. Sono diventate la colonna sonora della
mia scrittura. L’unica musica con cui da sempre sono riuscita a scrivere.
Ho
sempre pensato di voler fare con la scrittura quello che Cohen faceva con le
canzoni. Anno dopo anno, inconsapevolmente, ho tentato di scrivere letteratura
come lui scriveva musica e versi. Non ci sono riuscita, naturalmente. Ma gli
sono grata profondamente per avermi dato il desiderio di provare. Gli sono
grata profondamente per tutte quelle mie note interiori che ha saputo toccare
con la sua voce. Gli sono grata per ogni canzone che tengo riposta nella
mente sotto la dicitura di uno stato d’animo e quando voglio tornare a
provarlo, mi basta aprire quel cassettino, mi basta riascoltarla per
recuperarlo. Gli sono grata per come ha silenziosamente conformato la mia anima
in questi nove anni. Gli sono grata per quei pezzi di vita che mi restituisce
ogni volta che ascolto certe sue canzoni. Gli sono grata per avermi dato la
voglia di fare per altri quello che lui ha fatto con me. Gli sono grata per
quello che ho immaginato fosse lui, per tutti i mondi fasulli che ho creato
intorno alle sue canzoni, per avermi consegnato una chiave per tornare alla me
diciannovenne, ventunenne, venticinquenne, ogni volta che voglio, che ne sento
il bisogno. Gli sono grata per il modo in cui ha raccontato le persone della
sua vita, per la bellezza che ha donato loro, per come le ha trasfigurate,
Suzanne, Nancy, Janis, l’amico di Famous blue raincoat, le puttane senza nome
di Sisters of Mercy, perfino la disperazione reale e umana di una donna vissuta
cinquecento anni prima.
Gli sono grata e glielo vorrei poter esprimere,
vorrei scrivere per lui una canzone bellissima come faceva lui così che tutti ascoltandola
penserebbero: deve essere stato una persona eccezionale per far provare tutto
questo ad un altro essere umano.
Non so scrivere canzoni, posso scrivere solo
un addio e un grazie per avermi restituito in questa vita qualcosa di mio che
non sapevo neanche mi appartenesse.
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