“Una
valanga… sì, l’hotel Santa Lucia… sì, aspettiamo rinforzi, d’accordo.”
L’ultimo
ospite giunge inatteso, ad un’ora imprevista del pomeriggio.
“Sono
bloccati dalle tre di questo pomeriggio. Abbiamo ricevuto l’allarme da uno dei
superstiti. Vi terremo aggiornati sull’evoluzione dei soccorsi”.
L’ultimo
ospite non ha prenotazione, non ha di che pagare ma tutti gli gridano tra le
lacrime che paghi. O che qualcuno paghi per lui.
“Porca
puttana. Si è ribaltato il gatto delle nevi. Non riusciamo a intervenire al
momento. Quante? Venti. Forse più. Manda gente, cazzo”.
Non
conosce nessuno, ma spia nelle camere di tutti. Abbatte le porte, sfonda i
soffitti.
“Ho
ricevuto questa chiamata due ore fa. Piangeva. Diceva mia moglie e i miei figli
sono lì dentro. Ho dato l’allarme. Non mi hanno creduto”.
L’ultimo
ospite è quello inatteso, che non si fa ignorare.
Porta
silenzio, dopo molto rumore. Porta assenza, dopo molto colore.
Non
c’è che lui ormai e non esiste più un fuori e un dentro, perché fuori e dentro
si sono incontrati e fusi. E quello che era fuori è sprofondato dentro e quello
che era dentro è dilaniato e aperto.
L’ultimo
ospite ha scacciato il vuoto. Perché con lui non esiste spazio che non possa
essere riempito. Ha sconfitto l’esterno, perché non si vede più niente, niente
più si sente al di là di lui.
“Come
potete vedere l’hotel è interamente sepolto. Quello che emerge, una volta era
il tetto. Ci riferiscono che molti degli ospiti si potrebbero essere rifugiati
ai piani interrati. Sembra una nave affondata”.
L’ultimo
ospite grava pesante sui piani inferiori. E’ diventato soffitto, pareti,
panorama e cielo.
L’ultimo
ospite ghiaccia l’aria nei polmoni, ma di aria ne rimane poi ancora poca ed è
un sollievo.
Lui
è freddo e attesa e silenzio.
L’ultimo
ospite ha cantato ai bambini una ninnananna di rombi sonori e di suoni cupi,
fino al sonno. Poi ha tirato con cura sui loro corpi una spessa coperta di
ghiaccio.
“Ci
sono mia madre e mio padre lì dentro! Lui era andato in pensione. La prima
vacanza dopo tanto tempo.”
L’ultimo
ospite si è intromesso tra marito e moglie, ha appianato tutti gli screzi che duravano
da anni.
L’ultimo
ospite ha scaraventato il cameriere tra le braccia della proprietaria, un
abbraccio che entrambi aspettavano da tanto, ma non pensavano che così sarebbe
stato.
L’ultimo
ospite spinge a lacrime, rimpianti e confessioni.
Volevo
vederti crescere. Volevo toccarti ancora. Avrei voluto vivere meglio. Vorrei che
tu non fossi qui.
Se
solo lo avessi fatto. Se solo non fossi venuto.
L’ultimo
ospite tutte le ascolta, le assorbe e le trasforma in silenzio, sempre più
prossimo sempre più stanco.
“Quello
che vi possiamo promettere è che faremo tutto il possibile in questa
situazione”.
L’ultimo
ospite ormai conosce tutti.
Ha
visto il cuoco scavargli la faccia con le mani, furiosamente, fino a che non
riusciva più a chiudere i pugni e le dita sembravano cadergli.
Ha
visto l’uomo vecchio piangere sul corpo ancora caldo del suo cane, come fosse
l’unica cosa che ancora contasse.
Ha
visto l’uomo bugiardo confessare la sua lunga vita a una moglie commossa, commossi
entrambi di scoprire di amarsi.
Ha
visto la ragazza realizzare che non avrà più un futuro per cui doversi
preoccupare e sentirsi improvvisamente senza niente.
Ha
visto la receptionist mettere a posto le ultime carte lentamente anche se era il
suo volto bianco l’unico interlocutore che ormai aveva davanti.
Ha
visto cose brutte del cuore degli uomini e cose bellissime troppo strazianti
per poterne parlare.
“Per
questa notte dobbiamo interrompere gli scavi, c’è rischio di una nuova
slavina”.
L’ultimo
ospite è rimasto fino a notte. E rimarrà fino a che ne avrà voglia.
“Non
pensiamo possano esserci superstiti”.
Ora
tutto tace nel dentrofuori. I sussurri, i singhiozzi e le urla.
Nessuno
più entra, nessuno più esce.
L’hotel
è al completo.
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